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Avendo la Germania come base di partenza, sia per piacere sia per lavoro, sin dal 1998 ho sempre viaggiato intensamente in Europa e ho visitato e vissuto in : Germania, Inghilterra, Spagna, Francia, Portogallo, Austria, Svizzera, Olanda, Belgio. Ma nel corso di questi frequenti viaggi intraeuropei ho poi conosciuto e apprezzato tanti "usi e costumi" di popoli lontani: arabi, tibetani, giapponesi, russi ... Attualmente parlo tedesco, inglese e spagnolo; anni fa "parlicchiavo" un po di arabo, russo e giapponese; ma conosco anche il latino e un po di dialetto.

 

Giovanni Greco

Drago    Raku     Drakul

 

Dall’arte al Cyberspace

L’arte nella sua natura ispeziona il pensiero ed ha nel segno, il gesto conclusivo dell’idea. E in tutti i tempi la comunicazione orale, pittorica e architettonica ha costruito uno scambio tra naturale e artificiale ed ha scoperto e inventato nuovi confini e realtà. Quindi nella trasformazione di un elemento della natura l’uomo rappresenta e materializza un concetto, il quale viene trasmesso dall’artefice e reso fruibile nel compimento della comunicazione. I bambini partono dalla fantasia per analizzare il mondo,  uno slancio della mente per concretizzare l'equilibrio fra l'io e il mondo ossia fra le necessità umane e le opportunità offerte dalla natura. Come accadeva nelle decorazioni preistoriche, l’arte per compiersi a volte deve usare un supporto.  Ad esempio nelle decorazioni rupestri delle civiltà preindustriali venivano adoperati utensili e supporti tecnici: piccole coppe in legno, pietre, ossa e terracotta entro cui versarvi i colori. Negli atelier ottocenteschi le stesse erano in fine porcellana e vetro. Altri oggetti indispensabili in queste botteghe erano e sono tuttora lo scalpello, la penna, la carta, il pennello, la matita, la tela e ancora molti strumenti che hanno permesso l’esecuzione di una idea. Volendo estendere questo esempio, il dagherrotipo come anche la macchina fotografica nell’epoca della riproducibilità tecnica, rappresentano un medesimo supporto utile alla visualizzazione o materializzazione dell’ingegno creativo, che sussiste in una incondizionata libertà espressiva legata alle scelte e ai tempi dell’autore, il cui gesto artistico consta di una completa adesione concreta alla realtà. Ad esempio il pittore sceglie quale tela usare mediante la vista, il tatto, l’olfatto, … lo scultore riconosce quale venatura scolpire sulla pietra o sul legno. L’ispirazione e l’assenza che corona “l’aura artistica”, appartengono invece ad un momento distinto e separato. Infatti oltre alla scelta del soggetto, nell’arte preferire quale tela, pennello, o altre operazioni fatte talvolta a caso, significa decidere lo spirito dell’opera.

 

Ma mentre nell'Ottocento e ancor prima nel Rinascimento e con l'invenzione della prospettiva, i supporti erano prevalentemente tavole di legno, carta e tele su cui dipingere, oggi l'esplorazione di sempre nuovi mondi illusori, ha evoluto il suo raggio di indagine ed è passata dalle illusioni ottiche dello scorso secolo, disegnate su manufatti (arte della finzione, surrealismo, iperrealismo), alla interazione tecnologica. Questa evocata dalla Realtà Virtuale, creata con software e microcips, è divenuta talmente artificiosa da supplire a scelte creative che risiedono esclusivamente nell’esperienza emotiva dell’artista.

 Certo gli ultimi strumenti nella scala dell’evoluzione tecnologica, non potranno sostituirsi all’ingegno creativo, che ha i suoi spazi ideali e reali. Semmai permettono una innovativa sostituzione dell’antica tavolozza in legno, a vantaggio di specifici programmi al computer che riproducono fedelmente l’effetto delle varie tecniche pittoriche: lo sfumato, il pointillism, l’acquerello, eccetera. Un ‘alias’ del gesto artistico soprammenzionato che ha i suoi limiti e che ripercorre le orme antiche della comunicazione non verbale (che furono della scrittura prima e dalla stampa poi). Così come l’aiuto di un supporto artificiale non accompagna l’uomo sin dalla sua nascita, ma con l’ingegno e la creatività subentra all’occorrenza. Sicuramente l’arte travalica l’uso del computer, perché essa è libera e si avvale anche di questo ulteriore artificio offerto dall’attuale tecnologia dove però tutto è in un microcip. Per cui nonostante la trasmissione del pensiero sia giunta utopisticamente alla torre di Babele di Internet, non si realizza mai la libera azione dell’artista perché un programma al computer per quanto completo è limitato per sua natura. Oltre all’applicazione al mondo dell’arte, la cultura del terzo millennio è espressione di un mondo estremamente vasto in cui il PC, inteso come mero “supporto”, ha trovato innumerevoli ulteriori applicazioni non solo nella comunicazione (inutile rammentare quanto la curiosità possa far arricchire le case produttrici di giochi), ma anche in interventi chirurgici a distanza. Utile semmai è l'applicazione del virtuale nelle gallerie d'arte, irreali certo..., ma come rinunciare al piacere di vedere opere rare, o andate perdute? 

La comunicazione e i bit

In questi anni viviamo consapevoli l'epoca di una rivoluzione culturale e tecnologica: l'era di A.I., l'intelligenza artificiale, della rete e dell'ipertesto; Internet, un medium democratico e intellettuale in cui si attua la massima concentrazione di tecnologia, che in pochi anni si è sviluppata alla velocità della luce, è il caso di dire. In seno alla tecnologia del Terzo millennio, chi vi scrive non ha mai avuto la sensazione di navigare e non conosce a fondo la realtà virtuale, forze paragonabile al teletrasporto, una invenzione già prevista negli anni ’60 dalle famose serie TV di “Star Trek”.

Invero la cultura del “Cyberspazio” (oltre ad essere una rete di 300 milioni di computer collegati in rete) dilaga in cellulari, PC portatili, agende elettroniche, TV satellitari eccetera. Oggetti creati a supporto della nostra esistenza e che convivono quotidianamente con l’uomo tecnologico.

   In pochi millenni di evoluzione, abbiamo indagato l’ingegno per semplificarci dalle fatiche giungendo ad interagire con l’intelligenza artificiale da noi creata. Ed ho appena letto che nel futuro dell’industria biogenetica, si ipotizza che l'azione puramente cerebrale è l'imput che agisce nella memoria del computer. Basta pensare e lei, o lui, il Ns. personal computer, eseguirà.  Immagino la noia: l'attività dell'utente è malinconicamente atona e comoda su rilassanti poltrone, anch'esse computerizzate. Uno scenario che il vulcaniano Capitan Spock definirebbe alienante. Certo sembra fantascienza, ma questo supporto multimediale potrà mai spingere l'intuito umano a materializzare e realizzare l'idea nel momento del suo concepimento? Forze già lo fa ed a scapito della manualità, mortificando, fra le tante, l'azione.

Nel mondo globalizzato navigare in rete permette di aprire dallo stesso posto migliaia di finestre su luoghi vicini o lontani. Eppure la tecnologia del vetro, microchip potentissimi e fibre ottiche, potranno "materializzare" il proprio alias in un universo parallelo e muovere questo alter ego in una realtà virtuale, entrando in contatto con altri alias dal resto del mondo. Una ulteriore rivoluzione in atto che coinvolge alcuni degli stessi sensi del pittore all’inizio di una nuova opera e quindi: vista, udito, tatto. Ma essa implica però che la comunicazione si assesti non nel conforto romantico del contatto, ma in un rapporto virtuale fra "umani non umani", ossia pagine e numeri, i nostri 'alias', in formato persona, che interagiscono ed esistono come nello schermo di un film con tanto di attori e scenografia artificiale; una stanza, una spiaggia, sott'acqua con brevi spot pubblicitari. Una civiltà interconnessa fra nuovi supporti e attività. Un po’ come per le webcam, le quali permettono di incontrarci da un computer all’altro fra i mille posti del mondo collegati in rete. Ma lo stesso computer non fa altro che riprodurre la forma dell'altra persona, il colore dei capelli, la voce, non va oltre. Se è vero che “una foresta quando cresce provoca un suono” e che l’uomo in un ambiente assimila gli elementi della natura, è anche vero che questo processo non può essere sostituito né copiato. Infatti quando siamo sotto il sole o all’ombra, avvertiamo differenti escursioni termiche per altrettanti effetti del calore sulla nostra epidermide nei diversi ambienti in cui possiamo trovarci; così come la comunicazione consta di molteplici elementi che coinvolgono i cinque sensi nonché l’integrazione dell’uomo nella natura. Ad esempio, se accarezziamo un gattino avvertiamo il suo compiacimento, se siamo in un pub possiamo rammentare d’aver incontrato una persona gradita, bene queste mille memorie del vissuto sono il supporto su cui basiamo l’esistenza e l’esperienza. Sentire ed avvertire gli odori, il timbro della voce, lo spessore della presenza di una persona nello stesso spazio che comprende anche il suo interlocutore, il ricordo del sapore di un vino, eccetera sono fatti che non possono “duplicarsi” così come esistono.

 

Quasi ad escludere "il gesto", questo supporto tecnologico si è sostituito (…) alla "intenzione" e, da terzo incomodo nella triade dell'esistenza: Dio, uomo e natura. L’alias, (vista la sua natura "virtuale"), diventa non solo più il nostro 'alter ego', ma agisce in 3D, ossia può muoversi in uno spazio immaginato e realizzato da abili webmaster che riproducono in formato bit, una persona, uno spazio, il divino. In una dimensione che sembra reale ma che, virtualmente, può solo dare l'immagine o la sensazione di noi, di Dio e della natura. Invece l'azione e la scelta, non possano tramontare dal bagaglio delle esperienze cerebrali della società umana, perché sono una affermazione dell’esistenza dell’io (e forse anche di Dio).

Ritengo che si debba considerare ovvio che la realtà dell’umanità è fatta di un corpo e di uno spazio in base ai quali l'ordine viene stabilito attraverso la coercizione fisica e che la relazione fra l’io e il mondo consta di movimento, ambiente, identità, espressioni sonore.

Concetti questi, basati sulla materialità delle cose, ma non applicabili nel contesto del Cyberspazio, dove nulla è materiale poiché è una realtà che travalica il mondo dei corpi e della fisicità e che si trova ovunque e da nessuna parte. Un luogo fatto di transazioni, relazioni e puro pensiero, nell’infinito universo della comunicazione multimediale e che esprime l’ultimo traguardo dell’ingegno umano: una sorta di civiltà della mente in formato bit che già oggi può fare mille deleghe al posto nostro come dirci cosa è bene mangiare. Nuovi supporti e attività che si ampliano in applicazioni virtuali e in attività concettuali e sedentarie delle civiltà legate a questa tecnologia. In realtà una piccola parte dell’umanità. La rimanente non viziata dalle macchine, potrà ritenersi povera ma libera dall’uso di un così complesso artificio. Penso ai sani riti tribali degli Indiani d’America.

Quanta cultura naturale possedevano, fatta di un contatto diretto e spirituale con l’ambiente, un vero atto d’amore. Invece nei confronti della realtà virtuale, i nostri cyberspaces aprono nuove attitudini e percezioni della realtà. In fondo l’uomo crede di trovare nell’ipertesto il potere di andare alla ricerca dello spirito intimo dell’universo e non so se il fenomeno uomo vuole comprendere la vera realtà attraverso la virtualità.

 

Come non si può annullare l’intenzione all’acquisizione di esperienza, non si può aderire totalmente ad un mondo volutamente artificiale che fa di tutto per celebrare la vittoria della copia: una finta passeggiata a mare in 3D o il megamiliardesimo duplicato di una fragola transgenica. Semmai è l’uso del supporto che materializza un concetto, le idee e i desideri. Abbiamo quindi e finalmente, inventato una tecnologia che ci consente di fare la maggior parte delle cose che vorremo senza: (1) doverci spostare fisicamente da un luogo ad un altro; (2) provvedere alla produzione di beni; (3) avere l'accortezza di valutare i tempi di deterioramento degli alimenti... Potrei continuare, ma questi esempi possono focalizzare quante sono le operazioni che l'uomo e la donna del terzo millennio non sono più tenuti a compiere. Sarà interessante attendere gli sviluppi dell'intelligenza collettiva profetizzati da Lévy.

L’uso del frigorifero testimonia la rivoluzione culturale e semantica in atto nell’Occidente. Esso è legato alla quotidianità di milioni di persone ma in futuro anche alla indiscussa immaterialità dei velocissimi bit di A.I. che mirano a semplificare le azioni di tutti noi.  Nelle nostre cucine e case, si assisterà ad un rinnovo nelle abitudini? Donne e uomini avranno un nuovo amico in cucina: l’attuale frigorifero, obsoleto in nome del progresso, divenuto intelligente e munito di display, pronto ad informare il padrone riguardo il suo contenuto. Una simpatica vocina dirà ad esempio che il pesce o il pane si stanno avariando o che il latte è realmente fresco. E quando pane o quant'altro dovessero mancare, si potrà ordinare direttamente dal frigorifero con una sorta di e-mail vocale inviata in tempo reale al più vicino ipermercato. O ordinare con tre mesi di anticipo un ricco piatto, che arriverà alle 21:00 di capodanno al costo stracciato ... come per gli acquisti dei viaggi aerei via internet.

Una rivoluzione che i pochi luddisti rimasti non vedranno di buon occhio, in quanto ritengono che gli uomini saranno portati a creare macchine sempre più servizievoli, ne inventeranno di nuove con cui convivere, ma dimenticheranno che nell'intimo del loro DNA, un tempo i loro progenitori andavano per i campi a scegliere i frutti dall'orto, respirando aria sana. Sarà a causa delle ripercussioni sociali e ambientali che l'invasione ipertecnologica ha già importato nelle nostre case, ma altri temono che possa andare definitivamente persa quella memoria e quell'esperienza diretta del contadino, della massaia, dell'uomo del 2000 che fa la spesa al supermercato, dello studente che cerca qualcosa aprendo il frigo. Alle loro sensazioni emotive si fanno strada le realtà virtuali del Cyberspazio, in cui all'umana invenzione viene relegato il compito di impostare la nostra esperienza e quindi l'azione. Infatti nelle società preindustriali i nostri avi raccoglievano dal proprio campo gli ortaggi e mangiavano ciò che producevano. Ma già a ridosso della seconda rivoluzione industriale e con la urbanizzazione nelle città, i beni venivano acquistati al mercato, dove la massaia sceglieva il cibo. L'operazione era affidata al buon senso e all'esperienza della donna di casa che decideva cosa prendere dal bancone del fruttivendolo, e da quest’ultimo. Entrambi avevano usato saggiamente alcuni sensi: vista, gusto, olfatto, tatto. E raramente sbagliavano. Ma questa è la storia passata; quella del domani (che è già oggi), vede protagonisti non esseri umani nel pieno delle loro sensazioni emotive (la massaia che sceglie la verdura in base alle sue esperienze, il fruttivendolo che sceglie con cura gli ortaggi, eccetera), ma macchine come il frigorifero poc'anzi menzionato, considerato un occhio e un naso elettronico che "vede e gusta" la qualità degli alimenti al posto nostro. O altre macchine che hanno seminato un terreno transgenico…

L'innovazione in quel display sul frigo del futuro, farà vedere una foto del suo contenuto e con la vocina meccanica o sensuale, la macchina ci dirà cosa c'é di buono da mettere in tavola e così, tramite questa ulteriore facile operazione, semplificherà le nostre azioni e abitudini. Passerà il tempo in cui migliaia di studenti erano abituati a girare in pantofole per la casa e ad aprire innumerevoli volte il frigo per scoprire che al suo interno si celano il solito paio di bottiglie, una cipolla vecchia e nessun miracolo della duplicazione dei pani. Sarà invece un futuro in cui quello studente, sarà salutato dalla vocina, la quale gli dirà: "Salve, sono il tuo frigorifero e oggi berrai solo latte". Quindi standosene seduto, non dovrà alzarsi, camminare, aprire quel frigo e quindi scegliere. Gli basterà chiedere alla macchina e attendere un attimo per essere servito ed allattato da una vera tetta virtuale. Se è vero che si eliminano taluni problemi, ne subentrano nuovi. Siamo al termine di un vecchio mondo, ma con veloci prospettive tecnologiche perché il terzo millennio si apre alle ultime generazioni offrendo loro una flebo infinita di cyberspazio in cui le società ricche hanno a cuore l’insegnamento di questi concetti matematici nelle scuole e ai bambini. Può accadere che un eccesso di cybercultura possa alterare i ritmi nel lavoro o mutare i processi di produzione e riproduzione del bacino semantico e simbolico, in cui trova origine la nostra cultura. Infatti internet esercita ampiamente un effetto sul linguaggio, influenzandone il vocabolario e il modo di argomentare. Fra i giovani dilagano le agende-diario che oltre a contenere nuove tecnologie utili, mantengono un linguaggio da web con l'uso di frasi e termini quali: "chattiamo", "sei in download", "ciao floppy", .... Si avvia la completa digitalizzazione della realtà e la sostituzione del libro con la cosiddetta carta elettronica. Una tecnologia che riduce il display a pochi decimi di millimetro come fosse un foglio di carta. Trattasi dell’elettrocarta su cui potremmo leggere il quotidiano del giorno o prelevare da Internet una edizione dei Promessi Sposi. Ma siccome la tecnologia avanza, cambiano le mode e come oggi non si usa più il termine "paninaro" (terminologia anni '80 che identificava una determinata classe giovanile), domani scompariranno tanti luoghi comuni e supporti elettronici legati all’attuale civiltà postindustriale. Ok!  Ma quanti godranno delle sempre nuove interpretazioni del desiderio? 

A livello mondiale, non credete che la massificazione tecnologica  possa facilmente autogovernarsi secondo cicli produttivi a basso costo e a discapito di sicurezza logistica e ambientale? Quante sono le guerre fatte in nome del progresso? Già ora nel mondo stupide voci di guerre (di religione anche?) POSSONO motivare poco allegri ricorsi alle armi, in cui la scienza sperimenta "sul campo" l'ampliamento ad alta altissima tecnologia della forza distruttrice di armi nuove e micidiali. Come? Si dice che il battito d'ali d'una farfalla crea agli antipodi una tempesta.

Se l'acquisto della "tecnologia pensante" serve, ok. E pertanto dovrebbe rivolgersi al sostegno sociale, all'arte, alla purezza del divertimento ... Esteso non solo al mondo industrializzato, ma esteso appunto ai tre quarti del mondo (quegli affamati, derubati delle terre e degli affetti: in fuga). Altrimenti serve per chi? Per sostenere quelle aziende multinazionali che producono qualsivoglia nostro ultimo bisogno?

L'arte non ha esaurito nessuna delle sue cartucce. E ritengo che essa rinnega questa scomoda e perenne rivincita intellettuale: la padronanza dell'uomo sulla natura e sulla stessa tecnologia.

 

 

di Giovanni Greco

Lecce, Maggio 2002

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

°On-line

http://easynavy.com/Lizard666/sito/due.htm
http://easynavy.com/Lizard666/sito/quattro.htm
http://www.egocreanet-campania.org/tecnologia/reti_logiche/reti_%20logiche.htm
http://www.egocreanet-campania.org/tecnologia/tcp_ip.htm
http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/l/levy.htm
http://www.emsf.rai.it

 

°Off-line

Gino Papuli, “L’ingegno e il congegno, archeologia industriale e cultura eclettica”, Lecce, Edizioni Del Grifo, 1997.

Marshall Mc Luhan, “Gli strumenti del comunicare”, Milano, Il saggiatore, 1997. [ed. orig. 1964].

Pierre Lévy, “Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie”, Milano, Feltrinelli, 1999 [ed. orig. 1997].

P. Breton, “La storia dell'informatica”, Cappelli Editore,1992
 

°Stampa

Unità  del 18 agosto 1997. L'intelligenza collettiva: difficoltà e ricchezze del ciberspazio intervista a Pierre Levy rilasciata a Parigi il...

Repubblica  del 17-5-2000

 

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